Bentornati a Giochetti, dove il conflitto generazionale esplode in tutte le direzioni e la colpa è sempre e solo delle aspettative. Avranno mai fatto qualcosa di buono le aspettative? Un giorno forse sentiremo dire al TG “salutavano sempre” ma noi sappiamo che dietro quella maschera di finta ragionevolezza sono sempre state spregevoli. Chi altro è in grado di rovinare qualcosa di bello solo perché ci aspettavamo di più? E poi, non è di certo un caso, quando non ci sono riusciamo a gustarci anche le parti meno interessanti della vita. Mi dispiace aspettative, questo episodio di Giochetti è contro di voi. Buona lettura!
Mio caro papà,
non è molto che mi hai chiesto perché asserisco di aver paura di Te. Come al solito non ho saputo rispondere, un po’ per la paura che Tu m’incuti, un po’ perché, per motivare questa paura, occorrono troppi particolari che non saprei cucire in un discorso.
Questo è l’incipit di una lunga lettera che Kafka scrisse al padre e non spedì mai. Come tutto quello che Kafka ha scritto è di una bellezza disarmante, tanto che mi sembra quantomeno inutile, se non proprio offensivo, mettermi in mezzo per introdurre e spiegare i temi di cui parla. Molto meglio lasciarlo fare a Kafka stesso e dargli più spazio possibile.
Sarei stato felice di averTi per amico, per principale, zio, nonno e perfino (sebbene con qualche esitazione) per suocero. Soltanto che come padre Tu eri troppo forte per me, tanto più che i miei fratelli morirono bambini, le sorelle vennero molto più tardi, e io dovetti sopportare da solo il primo urto, per il quale ero di gran lunga troppo debole.
[…]
Tu un bambino lo sai trattare solo secondo il Tuo carattere, con forza, rumore e scoppi d’ira, e nel mio caso il sistema Ti pareva tanto più opportuno in quanto Tu volevi fare di me un ragazzo forte e coraggioso.
[…]
Tu mi incoraggiavi ad esempio quando facevo bene il saluto e marciavo a tempo, ma io non ero un futuro soldato; oppure quando mi riusciva di mangiar forte e persino di bere birra, o di ripetere canzoni che non capivo e le Tue frasi predilette, ma nulla di tutto questo apparteneva al mio futuro.
[…]
In tali condizioni dunque mi fu data libertà di scegliere la mia professione. Ma ero ancora in grado di giovarmi veramente di tale libertà? Avevo davvero fiducia di poter scegliere un’autentica professione? La stima di me stesso dipendeva da Te più che da ogni altra cosa, da Te, ad esempio, più che da un buon successo ottenuto. […] Mai sarei stato promosso alla fine della prima elementare, ne ero convinto; invece andò bene ed ebbi persino un premio; l’esame d’ammissione, poi, al ginnasio non l’avrei saputo sostenere, invece riuscii anche allora; ma in prima ginnasio sarei stato sicuramente bocciato: no, fui promosso, e andai sempre avanti d’anno in anno. Ma non ne trassi alcuna fiducia, al contrario ero sempre convinto – e ne leggevo la prova sul Tuo viso atteggiato a disprezzo – che quanto meglio riuscivo tanto peggiore sarebbe stato il risultato finale.
[…]
Ad ogni modo eravamo così diversi, e così pericolosi l’uno per l’altro in questa diversità, che se si fosse voluto calcolare a priori il reciproco comportamento tra me, ragazzo dal lento sviluppo, e Te uomo fatto, si sarebbe potuto presumere che Tu mi avresti schiacciato in modo che di me non sarebbe rimasto nulla. Questo non è avvenuto, la vita non si può calcolare, ma forse è avvenuto di peggio. Pur così dicendo Ti prego di non dimenticare mai che io non penso neanche lontanamente a una Tua colpa. Tu hai influito su di me come dovevi influire; soltanto devi smettere di considerare come una particolare malvagità da parte mia il fatto che sotto questo influsso io abbia finito per soccombere.
Ogni frase di Lettera al padre è altrettanto profonda, dolorosa e bellissima, ma non posso copiarla tutta. Recuperatela se vi è piaciuto quello che avete letto qui.
Franz Kafka (2019) [1952] Lettera al padre [Brief an den Vater] [Letteratura] [Epistolare] Mondadori Libri, Milano
Difficile crescere liberi se i modelli che abbiamo sono così grandi da schiacciarci. Lo sa il protagonista di The Artful Escape che vorrebbe fare il chitarrista in un posto dove il suo cognome è legato al successo planetario dello zio, musicista folk che ha foto e nome sul cartello del paese.
La conseguenza della sua fama è che tutti si aspettano che anche Francis Vendetti diventi un serio cantautore folk e sui manifesti che annunciano il suo primo concerto il volto principale è quello dello zio, non certo il suo.
La notte prima dello show, Francis viene travolto da uno strano sogno (o forse è tutto vero, chissà) e inizia un viaggio interdimensionale che lo porterà a visitare i luoghi più acidi (nel senso di colorati) dell’intero universo. Diventare consapevole di sé e dei propri desideri nell’arco di una notte non è niente male, forse a Kafka mancava una chitarra elettrica.
Grazie a uno strumento musicale olografico che compare ogni volta che intendiamo suonarlo, attraverseremo i livelli in un grande lungo assolo di chitarra elettrica. Il gioco in sé è di una facilità disarmante: è quasi impossibile perdere e gli unici momenti in cui si incontra una minima sfida si riducono a creare dei riff con un sistema simile a quello che usava il vecchio Simon, un gioco in cui bisogna memorizzare e ripetere una sequenza di colori/pulsanti/suoni. The Artful Escape però dà la sensazione di cambiare il mondo suonando, di scardinare quel senso di conformità che viene ben costruito all’inizio dell’avventura. Tanto che io mi sono ritrovato a suonare anche quando non era necessario, solo per il gusto di farlo, mentre attraversavo i luoghi più assurdi e scintillanti che si siano mai visti.
Se liberarsi dai modelli e diventare adulti è un tema che vi sta a cuore e su cui volete riflettere, avete due strade per farlo. Le pugnalate della Lettera al padre di Kafka o il viaggio leggero e lisergico di The Artful Escape. A voi la scelta.
Beethoven & Dinosaur (2022) [2021] The Artful Escape [Videogioco] [Platform, quasi un walking simulator] [4½ h.] (Playstation 5) [Windows, Xbox One/Series X/S, Nintendo Switch, Playstation 4] Annapurna Interactive
Sportello informazioni
[Aggiornamento del 14/05/2024: Aggiungo un link interessante, pubblicato praticamente in concomitanza con questo articolo e pubblicato su Ig da
, che regala un’altra prospettiva su The Artful Escape.]La colonna sonora di The Artful Escape, in gran parte strumentale, si trasforma livello dopo livello e segue il percorso di emancipazione del protagonista cambiando genere musicale, ritmo e… dimensione. Se avete un’oretta di ascolto libero la potete trovare su Youtube.
Kafka aveva chiesto che i suoi scritti venissero distrutti. Non è paradossale che ci siano arrivati dei testi così belli solo perché, per l’ennesima volta, qualcuno non ha rispettato il suo sentire? Questa volta niente link, così, per solidarietà.
Quanti ricordano Simon il “gioco sonoro computerizzato”? Oggi ne esistono innumerevoli versioni e anche l’originale è incredibilmente ancora in vendita. La sua forma ha quel look futuristico-retrò che non sfigurerebbe in un remake (fatto male) di 2001 Odissea nello spazio.
Mi hai fatto fare un saltone indietro alla tesina della maturità con la "Lettera al padre" di Kafka!
La frase di chiusura di Giochetti stavolta è pazzesca: non vedo l'ora di visitare l'oltreorizzonte dove il copyright è solo un lontano ricordo - a proposito, di una terra libera da copyright ne parla sempre Mafe de Baggis.
Puntata bellissima, niente da aggiungere